L'archivio

Stando alla ricognizione del materiale avviata subito dopo la presa in consegna nel 2019, l’archivio Nicoletti-Rinaldi copre gli anni compresi tra il 1922, allorché la produzione nello stabilimento reatino entra a pieno regime, e il 1989, quando ormai la Rinaldi-Iacoboni si accinge a cedere il passo alla Saico e all’ultima estenuata propaggine della vita dell’opificio. In punta di dottrina esso si configura come un superfondo, al cui interno sono identificabili due nuclei: da una parte la documentazione F.lli Nicoletti (1922-1933), dall’altra quella prodotta dalle aziende succedutesi dal 1934 in poi e aventi tutte il proprio perno in Alberto Rinaldi, il quale, nipote di Ercole Nicoletti e impiegato della sua ditta, rappresenta il ponte tra l’esperienza imprenditoriale dello zio, interrotta dal fallimento, e quella da lui inaugurata.

Il fondo Nicoletti propriamente detto è formato dai progetti per gli arredi e i serramenti, dai diversi tipi di schede e registri, dal materiale fotografico. Al momento del prelievo da casa Rinaldi i disegni – tutti, inclusi quelli dei particolari più minuti, autentiche gemme grafiche, retaggio di un’epoca perduta di maestranze dalla mano esperta su cui ameremmo sapere di più – risposavano sui ripiani dell’armadio di legno divisi in pacchi da un centinaio di pezzi ciascuno, sui quali erano appuntati gli estremi numerici. Nel ricondizionamento, effettuato non a caso contestualmente alla presa in carico, si è riusciti senza problemi a far coincidere con i pacchi le nuove unità di conservazione, sulle quali si sono per ora riportati gli stessi numeri (da 1 a 4544) figuranti sugli incartamenti originari. Di sicuro tali riferimenti cambieranno, almeno parzialmente, dopo il controllo delle effettive consistenze e l’incrocio con i relativi registri (sei, conservatisi senza falle dal 1922 al 1933) e quando si saranno opportunamente ricollocati i disegni, numerati a matita rossa come gli altri e a questi stilisticamente affini, attualmente contenuti in tre buste all’inizio erroneamente ritenute miscellanee. Tale era stato giudicato altrettanto impropriamente anche un quarto faldone di «disegni sciolti», che in realtà raccoglie solo bozzetti degli elementi decorativi dei mobili. Oltre ai già citati repertori dei progetti fanno parte di questo primo spezzone d’archivio anche i sette registri di calendari dei lavori (1926-1932), un registro di costi dei manufatti (1930-1931) e le sette buste di schede tecniche[1]. Completano il quadro i tre cataloghi, le fotografie sciolte e le lastre fotografiche[2].

Sul piano quantitativo, la sezione Nicoletti del complesso archivistico risulta decisamente preponderante: a oggi, essa ammonta a 65 unità di conservazione, forse 66 se si confermerà l’impressione, per adesso non confortata da un’analisi puntuale del contenuto, che un’ulteriore busta, l’unica davvero miscellanea, sia riferibile alla stagione inaugurale della storia dell’opificio[3]. Il resto del superfondo rinvia all’epoca Rinaldi. Anche in questo caso il grosso delle carte è rappresentato dalle 16 buste di progettistica: i singoli pezzi, numerati da 1 a 1753, riguardano soltanto gli anni dall’agosto 1934 al settembre 1968. Ai correlati repertori, che sono cinque, si sommano i quattro registri di preventivi dal 1938 al 1949, ma con il “buco” degli anni di guerra (1940-1945). Accanto ai due cataloghi e alle fotografie sfuse e numerate si trovano infine le cinque unità di conservazione di planimetrie e progetti di edifici arredati da Rinaldi, la busta che raccoglie la documentazione inerente alla collaborazione di questi con la Breda per la realizzazione delle parti in legno delle armi leggere, le due di carte amministrative e contabili dal 1950 al 1989, la busta di modulistica e carta intestata in bianco e quella con il materiale fieristico. 

 

[1] Di queste, quattro riportano sul dorso gli estremi di una numerazione continua da 1 a 4500, mentre la quinta è priva di riferimenti numerici. Una sesta busta contiene tre blocchi di schede rilegate, due relativi ai lavori in legno e uno a quelli in ferro, e una settima raccoglie schede di lavori organizzate per “esecutori materiali” dal 5 gennaio al 24 giugno 1931.

[2] Le fotografie sfuse sono riunite in cinque pacchi: quattro, da un centinaio di pezzi ciascuno, con numerazione da 1 a 500 (ma manca il pacco che dovrebbe contenere le foto da 201 a 299) e uno di doppioni. Le lastre sono state incamiciate una per una e divise in cartelle all’interno di un’apposita scatola. Ancora non si è proceduto alla ricognizione analitica e al conteggio dei pezzi.

[3] Il faldone contiene documentazione grafica che, bisognosa di ulteriori verifiche, a un primo sguardo pare riferirsi in massima parte all’epoca Nicoletti.